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Come fare domande di coaching straordinarie al tuo cliente

Fare domande di coaching è una delle abilità principali di un buon coach.

L’abilità di fare domande di coaching straordinarie ti permette fra l’altro di:

  • mantenere rapport con il tuo cliente;
  • dimostrare le tue abilità di coaching;
  • risolvere la problematica del cliente o andare in questa direzione;
  • non indirizzare il cliente in loop e evitare così situazioni di stallo;
  • eccetera.

Fare domande di coaching straordinarie è sia un’attività complicata sia semplice allo stesso tempo.

Durante la mia esperienza come coach e come formatore ho notato che noi coach commettiamo alcuni errori quando poniamo domande di coaching.

Nel momento in cui si commettono questi errori, si rischia di ridurre il rapport creato con il cliente durante la sessione o durante l’intero percorso di coaching.

La conseguenza di questa riduzione di rapport è la perdita di sintonia con il cliente e di fiducia nei confronti del coach e nelle sue abilità.

Inoltre commettere questi errori potrebbe compromettere il raggiungimento dell’obiettivo e, se stai usando una tecnica della PNL, il fallimento della tecnica stessa.

Sono sicuro che questi non sono i risultati che vuoi ottenere nelle tue sessioni di coaching, quindi quando poni le domande al tuo cliente non commettere i seguenti errori.

Solo quindi nel momento in cui non commetti questi errori potrai riuscire a porre al tuo cliente domande che cambiano la vita.

Errore #1 – Non ascoltare il tuo cliente

Può capitare che, durante la sessione di coaching, per mille ragioni tu non sia completamente presente e quindi non stai ascoltando il tuo cliente in maniera ottimale.

Il Mandala of being, una tecnica PNL per coach per migliorare la capacità di essere presente sostiene che ci sono 4 storie che limitano questa capacità:

1- le storie del presente (Future);

2- le storie del passato (Past);

3- le storie di te stesso (Subject);

4- le storie degli oggetti (You / Other).

Queste 4 storie distolgono la tua attenzione dall’essere presente nel qui e ora.

Ciò comporta fra le altre cose:

  • il rischio di perdere il filo del discorso;
  • non accorgerti di conflitti tra la comunicazione verbale, para verbale e non verbale del cliente;
  • non essere in grado d’identificare il sistema rappresentazionale del cliente attraverso l’uso dei suoi predicati;
  • eccetera.

Ascoltare il tuo cliente e non lasciare che la tua mente sia trasportata in una o più delle 4 storie del Mandala of being, si rivela quindi un’attività fondamentale per porre buone domande di coaching e condurre una sessione straordinaria.

Nel caso in cui ti sei perso in una delle storie del Mandala of being puoi fare quanto segue:

Fare ricapitolare al tuo cliente quanto svolto fino a ora

Fare ricapitolare al tuo cliente quanto svolto fino a ora non solo ti consente di rimetterti in carreggiata, bensì permette al cliente di riassumere quanto detto e migliorare la sua auto consapevolezza.

Puoi chiedere la ricapitolazione in questo modo:

  • Coach: Bene, abbiamo già fatto dei passi avanti per capire meglio la situazione, per una maggiore auto consapevolezza t’invito a riassumere i punti della sessione per te più rilevanti.

Chiedere al cliente di approfondire un aspetto rilevante

Puoi chiedere al cliente di approfondire un aspetto rilevante di quanto appena detto oppure di quanto detto poco prima che tu ti perdessi nei tuoi pensieri.

Puoi chiedere l’approfondimento con le seguenti domande:

  • Coach: Puoi approfondire meglio quanto hai appena detto?
  • Coach: Dimmi di più in merito a questo.
  • Coach: Spiegami meglio questo aspetto.

Inoltre se trovi che i tuoi pensieri, o le storie, t’impediscono di essere presente svolgi il Mandala of being regolarmente.

Errore #2 – Porre domande chiuse

Probabilmente conosci già la differenza tra domande chiuse e domande aperte.

Le domande chiuse sono quelle che prevedono come risposta un sì, un no oppure un non lo so.

Le domande aperte invece sono quelle domande che iniziano con:

  • Chi?
  • Come?
  • Quale?
  • Cosa?
  • Quando?
  • Dove?

Porre domande aperte dà la possibilità al cliente di ragionare su quanto gli hai chiesto e di fornirti risposte più elaborate sulla sua situazione.

Paragona queste due situazioni per esempio:

  • Coach: È da tanto che hai questa fobia dei ragni?
  • Cliente: Sì.

Questa domanda non ti permette di ottenere informazioni rilevanti, se non che è da tanto tempo che il cliente percepisce la fobia.

Porre una domanda simile utilizzando le domande aperte invece potresti ottenere quanto segue:

  • Coach: Quando si è manifestata per la prima volta questa fobia dei ragni?
  • Cliente: Avevo forse 8 anni, ero a casa di mia nonna e mi è apparso questo ragno gigante nel letto.

Con questa domanda aperta non solo sei riuscito a identificare il quando si è manifestata la fobia, bensì anche il dove e il come.

Se, mentre poni una domanda, ti accorgi che stai per farne una chiusa puoi rimediare in questo modo:

  • Coach: È da tanto che hai questa fobia dei ragni, se sì quando si è manifestata per la prima volta?

Con una domanda del genere riesci a correggere il tiro.

Errore #3 – Porre domande “perché”

PNL domande di coaching
Sebbene le domande che iniziano con “perché” sono considerate domande aperte, queste non sono ben viste nel mondo del coaching o per lo meno non lo sono da tutti e in tutte le casistiche.

Le domande perché fanno in modo che il cliente si chiuda in se stesso e si sposti sulla difensiva.

A ragione di questi motivi invece di rispondere in maniera costruttiva, cerca una giustificazione alla domanda.

Sebbene le domande “perché” sembrano essere estromesse dal vocabolario di numerosi coach ci sono delle situazioni in cui queste domande sono portentose.

Il primo caso è quello in cui stai cercando di elicitare i valori del tuo cliente.

Ad esempio, durante la fase di definizione degli obiettivi il tuo cliente ti dice che vuole perdere 10 chili.

Trovare il valore che supporta questa sua decisione è di particolare importanza perché questo valore rappresenta una leva motivazionale straordinaria per il cliente.

In questi casi la domanda “perché” risulta appropriata nel seguente modo:

  • Coach: Perché è importante per te perdere 10 chili?
  • Cliente: Perché voglio sentirmi meglio con me stesso.
  • Coach: E perché vuoi sentirti meglio con te stesso?
  • Cliente: Perché sentirmi meglio con me stesso mi fa sentire libero.

In questo caso libertà è il valore che supporta l’obiettivo del cliente.

Questo valore è stato elicitato grazie alla domanda “perché”, in questo contesto utilizzare tale domanda si è quindi rivelato utile.

Quando cerchi di elicitare i valori invece di utilizzare la domanda “perché” in continuazione puoi alternare queste tre domande:

  1. Perché…?;
  2. Quali sono le ragioni per le quali…?;
  3. Che cosa ti da X? Dove X rappresenta quanto appena detto dal cliente in risposta alla tua domanda “perché”.

Come vedi le domande perché possono essere utilizzate.

Quando utilizzi questo tipo di domande assicurati di utilizzare un tono non giudicante e che sia di supporto al cliente.

Errore #4 – Porre più di una domanda

A volte può capitare che hai due o tre domande nella testa oppure che posta la prima compare nella tua mente quella perfetta.

In entrambi i casi, la tentazione di porre più di una domanda è legittima.

In particolare nel secondo caso quando hai finalmente trovato la domanda perfetta che ti farebbe fare una bella figura di fronte al cliente.

Purtroppo, a causa del sovraccarico d’informazioni, porre più di una domanda potrebbe mettere in difficoltà il tuo cliente, in particolare per le seguenti ragioni, il cliente:

  • non sa a quale domanda rispondere;
  • cerca di rispondere alla prima domanda e allo stesso tempo tiene a mente la seconda, comportando che non ha la mente completamente libera per ragionare, oppure viceversa;
  • per non dimenticarsi delle domande risponde solo parzialmente.

Per evitare questo sovraccarico d’informazioni nella mente del cliente ti consiglio quindi di porre una sola domanda alla volta.

Così facendo il tuo cliente si troverà sicuramente più a suo agio.

Nel caso in cui credi che tu possa dimenticarti la domanda che hai nella mente prima che il cliente abbia risposto alla tua domanda puoi annotarla su un foglio.

Annotare la domanda potrebbe metterti un po’ sotto pressione se vuoi continuare a mantenere il contatto visivo con il cliente.

Per ovviare a questa situazione non annotare tutta la domanda, ma semplicemente alcune parole chiave, massimo due o tre, che ti permettono di ricostruire la domanda.

Se quindi la domanda fosse:

  • Coach: In che modo vorresti essere aiutato dai tuoi amici quando hai le crisi di astinenza da sigaretta?

In questo caso potresti semplicemente annotare: amici, crisi, aiuto.

Assicurati quindi che le parole chiave annotate siano quelle che ti permettano di risalire alla domanda.

Inoltre assicurati di annotare le parole chiave con una calligrafia comprensibile in modo da evitare di trovarti di fronte a geroglifici incomprensibili che potrebbero creare una situazione d’imbarazzo di fronte al cliente nel momento in cui non riesci a decifrarli.

Nel caso hai posticipato la domanda perfetta, prima di porla valuta se questa è ancora utile nel momento in cui il tuo cliente ha terminato di rispondere alla prima domanda che hai posto.

Nel caso la domanda abbia perso il suo valore o la discussione si è mossa da un’altra parte evita di fare ritornare il cliente indietro nella discussione.

Errore #5 – Porre domande lunghe o con parole articolate

Le domande efficaci sono quelle non complicate.

Una domanda è complicata quando troppo lunga e quando il linguaggio con cui è posta è contorto.

Domande complicate possono distrarre il cliente dalla ricerca della soluzione ai suoi problemi e ti allontanano quindi dall’essere un coach efficace.

Paragona per esempio le seguenti due domande e identifica quella troppo lunga:

  • Domanda 1: È possibile che durante le ricerche del tuo prossimo impiego ti potresti trovare in una situazione di scoraggiamento e in questi casi si potrebbe rendere indispensabile il supporto dei tuoi amici per ritrovare coraggio e motivazione per proseguire nella tua ricerca, come vorresti che loro ti sostengano in queste situazioni?
  • Domanda 2: Come vorresti che ti sostengano i tuoi amici in caso di bisogno?

Immagino che già hai capito quale domanda è troppo lunga.

Inoltre, per evitare di porre domande complicate utilizza parole da 5 dollari e non da 1’000.

Non tutte le persone riescono a comprendere un vocabolario altolocato, valuta per esempio queste due domande:

  • Domanda 1: Questo stato che si manifesta attraverso una sensazione cinestetica nel tuo solar plexus si muove?
  • Domanda 2: Questa sensazione che senti nella zona dello stomaco si muove?

Anche in questo caso non credo ci sia bisogno di spiegarti quale sia la domanda più corretta da porre.

Laddove possibile cerca di utilizzare parole da 5 dollari e il linguaggio del cliente in modo da mantenere rapport e da essere sempre compreso.

Errore #6 – Domande che impongono il contenuto

Infine l’ultimo errore che ti presento in questo post è legato all’imposizione del contenuto.

Una domanda di coaching impone il contenuto quando:

1- Influenza la direzione della sessione di coaching

programmazione neuro linguistica Domande di coaching Un esempio di domanda che influenza la direzione della sessione è “quali sono i problemi di cui vuoi parlarmi oggi”.

Questa domanda è gravata da imposizione di contenuto.

Magari il tuo cliente è venuto alla sessione non per parlare dei problemi, ma per prendere una decisione.

Tuttavia a causa di questa tua domanda inizia a parlarti dei suoi problemi, che seppure l’argomento sia di suo interesse non è quello per cui si è presentato da te.

Domande più opportune includono:

  • Coach: Su che cosa vuoi essere coacchato oggi?
  • Coach: Che cosa vorresti percepire in maniera differente?
  • Coach: Su che cosa vuoi lavorare oggi?

2- Il coach guida il cliente alla soluzione che lui reputa corretta

Un’altra casistica in cui le domande impongono il contenuto è quanto il coach guida il cliente alla soluzione che lui reputa essere corretta.

Supponiamo che il tuo cliente abbia avuto una discussione in ufficio con il suo capo.

Il cliente vuole risolvere la situazione, ma il capo è testardo e non ne vuole sapere.

Tu, in quanto coach, credi che la soluzione ideale sia quella che il cliente discuta questa problematica con l’ufficio risorse umane.

Le domande che impongono il contenuto potrebbero essere:

  • Coach: Quando ne potresti parlare con l’ufficio risorse umane?
  • Coach: Perché non ne parli con l’ufficio risorse umane?

Come vedi queste due domande spingono il cliente a parlare con le risorse umane.

Una domanda più appropriata potrebbe essere:

  • Coach: Con chi ne potresti parlare che ti potrebbe aiutare a trovare una soluzione?

In questo caso è il cliente che, se lo ritiene necessario, può indicare come risposta “le risorse umane”.

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Al tuo successo,

Simone

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